Pubblichiamo questa nota dell'Esecutivo nazionale di Sinistra Critica come prima valutazione sulle elezioni del 28/29 marzo.
Segnaliamo che nell'unico comune in cui si è presentata, a Bollate, Sinistra Critica raggiunge l'1,1% - percentuale più che raddoppiata rispetto allo scorso anno, con un aumento anche di voti (215) malgrado il forte astensionismo e la "concorrenza" di liste di sinistra non presenti lo scorso anno. Un risultato tutto sommato positivo - dato il contesto.
Le elezioni regionali dello scorso weekend hanno dato alcuni risultati indiscutibili: su tutte la “vittoria” dell’astensionismo – quasi 2 milioni di elettori rispetto alle elezioni europee del 2009 questa volta non sono andati votare – che ha come effetto diretto il successo politico della Lega Nord, nel quadro di una tenuta della destra al governo e di Berlusconi (destra che non solamente strappa 4 regioni al centrosinistra, ma soprattutto non paga il prezzo delle sue politiche di governo e non perde consensi, almeno in termini relativi).
I numeri assoluti segnalano che l’astensionismo colpisce (quasi) ovunque: il PDL perde il 27% dei voti delle europee (anche se le liste civiche dei candidati della destra vanno meglio di quelli del centrosinistra); il PD perde il 16% dei voti delle Europee, mentre UDC e IDV circa il 25%; la Federazione della Sinistra perde ancora il 30% dei voti; nonostante la percezione evidente del suo successo anche la Lega perde il 4% dei voti dello scorso anno, con un arretramento di 60 mila voti nel Piemonte appena conquistato (solo in Emilia aumenta in voti assoluti, di 10 mila unità)
L’astensionismo è un segnale naturalmente non univoco: indifferenza; distanza crescente da una politica che non offre soluzione ai bisogni sociali; adesione ad un idea “spettacolare” della politica, per cui si assiste ma non si partecipa; mancanza di un referente politico che si senta vicino alle proprie idee e prospettive: questi e molti altri i motivi di una sempre maggiore disaffezione verso le elezioni. Un dato che non ci conforta e che anzi consideriamo estremamente negativo anche se ne vediamo le responsabilità nelle forze politiche – di centrodestra e di centrosinistra – che hanno prodotto questa politica e questa concezione non partecipativa della stessa, espropriando i luoghi della rappresentanza formalmente democratica e concentrando i poteri negli esecutivi e in enti non eleggibili e non controllabili democraticamente. In particolare, è frutto di una generale disillusione e demoralizzazione che trova fondamento nell'assoluta inconsistenza dell'alternativa politica e in una prospettiva credibile che faccia da contraltare al berlusconismo ma anche all'attuale crisi.
Anche per questo la Lega Nord riesce ancora una volta a presentarsi come partito “di lotta e di governo”, determinando scelte importanti a livello governativo (in particolare contro migranti e in materia di “sicurezza”), garantendo la tenuta del governo Berlusconi mentre allo stesso tempo si fa propaganda nei quartieri riuscendo a intercettare diversi settori di disagio sociale e gli umori razzisti che essa stessa (aiutata dal centrodestra e da profonde connivenze del centrosinistra) produce nel corpo sociale. Così risulta vincente sia dove governa che dove è all’opposizione. Per la prima volta governerà importanti regioni del nord e farà sempre più pesare il suo ruolo nella coalizione di governo.
Il centrodestra perde centinaia di migliaia di voti, ma non perde la scommessa di quelle che chiama “elezioni di medio termine” evitando quell' “effetto Sarkozy” che temeva e che ha spinto Berlusconi a intensificare la sua visibilità nelle ultime settimane di campagna elettorale. Certamente, il rafforzamento della Lega al Nord e un partito che al Sud si intreccia a un apparato clientelare-mafioso, potrà determinare crepe e contraddizioni. Ma al momento il governo Berlusconi è piuttosto saldo.
Il centrosinistra esce sconfitto da queste elezioni – pur non perdendo nell’insieme più voti del centrodestra – perché la sua proposta non riesce a presentarsi come davvero alternativa e attenta a quanto si muove nella società. Perde voti per le astensioni e perde voti in molti casi verso liste civiche o legate alla protesta locale o “antiberlusconiana”: significativi in questo senso i risultati delle liste di Beppe Grillo in Emilia Romagna (7%) e nella Val di Susa – a Bussoleno raggiunge oltre il 28% contribuendo in gran misura alla sconfitta della Bresso, che contro il movimento NoTav aveva giocato una parte della sua battaglia politica.
Anche la “sinistra” arretra ancora – continuando la parabola discendente cominciata dopo la caduta del governo Prodi.
SEL non raggiunge grandi risultati – se non in Puglia dove il “fenomeno Vendola” sconfigge i suoi avversari fuori e dentro la coalizione, ponendosi come possibile ipotesi all’interno di un nuovo centrosinistra in vista delle prossime elezioni nazionali.
La Federazione della Sinistra, che perde quasi un terzo dei voti rispetto allo scorso anno, non riesce ad affermare una posizione chiara e un’identità forte, alternativa, navigando a vista dentro e fuori dal centrosinistra e perdendo consensi in due regioni significative: in Campania, dove il segretario nazionale non frena la caduta di un partito fortemente corresponsabile delle politiche di Bassolino negli scorsi anni; e in Lombardia, dove non è bastata la collocazione (subita e non scelta) fuori dal centrosinistra e un’immagine “movimentista” che contrasta con la realtà di un partito sempre più chiuso e incapace di radicarsi nel tessuto sociale. Il risultato delle Federazione, che pure raggiunge in alcune regioni percentuali accettabili, è la conferma che non si può fare gli alternativi alleandosi, per di più in maniera subalterna, al PD.
Queste elezioni hanno visto ancora una volta l’assenza di una sinistra anticapitalista, alternativa al centrodestra e al centrosinistra, capace di essere riferimento ed espressione delle lotte sociali, della protesta antirazzista e di un’idea innovativa della politica. Non crediamo che una sperimentazione elettorale di questa proposta politica avrebbe rappresentato già oggi un’alternativa elettoralmente credibile e quindi avrebbe avuto risultati significativi. Crediamo però, e riaffermiamo, che questa è l’unica strada praticabile e che deve essere perseguita già nei prossimi mesi.
Una sinistra anticapitalista e alternativa che non potrà nascere come semplice accordo di “gruppi dirigenti" o di "sigle" o di ma che dovrà ricostruire la ragione stessa della sua necessità nella nuova e inedita composizione di classe (fatta di generi diversi, di culture diverse, di lavoratrici e lavoratori sempre più precari, di migranti collocati al centro della produzione e riproduzione sociale), nelle lotte e nelle resistenze sociali, nel radicamento territoriale e nella difesa intransigente dell’ambiente e dei beni pubblici, nella formazione di una nuova generazione politica senza la quale la sinistra non potrà più uscire dalla sua inefficacia e inutilità politica e sociale, prima ancora che elettorale.
Siamo da sempre impegnati nella definizione di questa prospettiva e oggi ancora una volta vogliamo indicarla a quelle forze, sociali e politiche, che non intendono farsi risucchiare dalla rassegnazione oppure accomodarsi ancora una volta nell'ennesimo giro di giostra dell'unità antiberlusconiana interna al centrosinistra. Proponiamo di realizzare uno "spazio comune", un perimetro di forze anticapitalista, ecologista, femminista che sappia innanzitutto sperimentare forme nuove di iniziativa sociali e, per questa via, ricostruire una credibilità perduta. Solo un percorso di questo tipo, un "nuovo inizio", potrà dare, quando se ne daranno le condizioni, anche un risultato elettorale. E' quanto discuteremo nel convegno-assemblea nazionale che si svolgerà a Roma il prossimo 17 aprile.
Oggi più che mai non esistono scorciatoie.
I numeri assoluti segnalano che l’astensionismo colpisce (quasi) ovunque: il PDL perde il 27% dei voti delle europee (anche se le liste civiche dei candidati della destra vanno meglio di quelli del centrosinistra); il PD perde il 16% dei voti delle Europee, mentre UDC e IDV circa il 25%; la Federazione della Sinistra perde ancora il 30% dei voti; nonostante la percezione evidente del suo successo anche la Lega perde il 4% dei voti dello scorso anno, con un arretramento di 60 mila voti nel Piemonte appena conquistato (solo in Emilia aumenta in voti assoluti, di 10 mila unità)
L’astensionismo è un segnale naturalmente non univoco: indifferenza; distanza crescente da una politica che non offre soluzione ai bisogni sociali; adesione ad un idea “spettacolare” della politica, per cui si assiste ma non si partecipa; mancanza di un referente politico che si senta vicino alle proprie idee e prospettive: questi e molti altri i motivi di una sempre maggiore disaffezione verso le elezioni. Un dato che non ci conforta e che anzi consideriamo estremamente negativo anche se ne vediamo le responsabilità nelle forze politiche – di centrodestra e di centrosinistra – che hanno prodotto questa politica e questa concezione non partecipativa della stessa, espropriando i luoghi della rappresentanza formalmente democratica e concentrando i poteri negli esecutivi e in enti non eleggibili e non controllabili democraticamente. In particolare, è frutto di una generale disillusione e demoralizzazione che trova fondamento nell'assoluta inconsistenza dell'alternativa politica e in una prospettiva credibile che faccia da contraltare al berlusconismo ma anche all'attuale crisi.
Anche per questo la Lega Nord riesce ancora una volta a presentarsi come partito “di lotta e di governo”, determinando scelte importanti a livello governativo (in particolare contro migranti e in materia di “sicurezza”), garantendo la tenuta del governo Berlusconi mentre allo stesso tempo si fa propaganda nei quartieri riuscendo a intercettare diversi settori di disagio sociale e gli umori razzisti che essa stessa (aiutata dal centrodestra e da profonde connivenze del centrosinistra) produce nel corpo sociale. Così risulta vincente sia dove governa che dove è all’opposizione. Per la prima volta governerà importanti regioni del nord e farà sempre più pesare il suo ruolo nella coalizione di governo.
Il centrodestra perde centinaia di migliaia di voti, ma non perde la scommessa di quelle che chiama “elezioni di medio termine” evitando quell' “effetto Sarkozy” che temeva e che ha spinto Berlusconi a intensificare la sua visibilità nelle ultime settimane di campagna elettorale. Certamente, il rafforzamento della Lega al Nord e un partito che al Sud si intreccia a un apparato clientelare-mafioso, potrà determinare crepe e contraddizioni. Ma al momento il governo Berlusconi è piuttosto saldo.
Il centrosinistra esce sconfitto da queste elezioni – pur non perdendo nell’insieme più voti del centrodestra – perché la sua proposta non riesce a presentarsi come davvero alternativa e attenta a quanto si muove nella società. Perde voti per le astensioni e perde voti in molti casi verso liste civiche o legate alla protesta locale o “antiberlusconiana”: significativi in questo senso i risultati delle liste di Beppe Grillo in Emilia Romagna (7%) e nella Val di Susa – a Bussoleno raggiunge oltre il 28% contribuendo in gran misura alla sconfitta della Bresso, che contro il movimento NoTav aveva giocato una parte della sua battaglia politica.
Anche la “sinistra” arretra ancora – continuando la parabola discendente cominciata dopo la caduta del governo Prodi.
SEL non raggiunge grandi risultati – se non in Puglia dove il “fenomeno Vendola” sconfigge i suoi avversari fuori e dentro la coalizione, ponendosi come possibile ipotesi all’interno di un nuovo centrosinistra in vista delle prossime elezioni nazionali.
La Federazione della Sinistra, che perde quasi un terzo dei voti rispetto allo scorso anno, non riesce ad affermare una posizione chiara e un’identità forte, alternativa, navigando a vista dentro e fuori dal centrosinistra e perdendo consensi in due regioni significative: in Campania, dove il segretario nazionale non frena la caduta di un partito fortemente corresponsabile delle politiche di Bassolino negli scorsi anni; e in Lombardia, dove non è bastata la collocazione (subita e non scelta) fuori dal centrosinistra e un’immagine “movimentista” che contrasta con la realtà di un partito sempre più chiuso e incapace di radicarsi nel tessuto sociale. Il risultato delle Federazione, che pure raggiunge in alcune regioni percentuali accettabili, è la conferma che non si può fare gli alternativi alleandosi, per di più in maniera subalterna, al PD.
Queste elezioni hanno visto ancora una volta l’assenza di una sinistra anticapitalista, alternativa al centrodestra e al centrosinistra, capace di essere riferimento ed espressione delle lotte sociali, della protesta antirazzista e di un’idea innovativa della politica. Non crediamo che una sperimentazione elettorale di questa proposta politica avrebbe rappresentato già oggi un’alternativa elettoralmente credibile e quindi avrebbe avuto risultati significativi. Crediamo però, e riaffermiamo, che questa è l’unica strada praticabile e che deve essere perseguita già nei prossimi mesi.
Una sinistra anticapitalista e alternativa che non potrà nascere come semplice accordo di “gruppi dirigenti" o di "sigle" o di ma che dovrà ricostruire la ragione stessa della sua necessità nella nuova e inedita composizione di classe (fatta di generi diversi, di culture diverse, di lavoratrici e lavoratori sempre più precari, di migranti collocati al centro della produzione e riproduzione sociale), nelle lotte e nelle resistenze sociali, nel radicamento territoriale e nella difesa intransigente dell’ambiente e dei beni pubblici, nella formazione di una nuova generazione politica senza la quale la sinistra non potrà più uscire dalla sua inefficacia e inutilità politica e sociale, prima ancora che elettorale.
Siamo da sempre impegnati nella definizione di questa prospettiva e oggi ancora una volta vogliamo indicarla a quelle forze, sociali e politiche, che non intendono farsi risucchiare dalla rassegnazione oppure accomodarsi ancora una volta nell'ennesimo giro di giostra dell'unità antiberlusconiana interna al centrosinistra. Proponiamo di realizzare uno "spazio comune", un perimetro di forze anticapitalista, ecologista, femminista che sappia innanzitutto sperimentare forme nuove di iniziativa sociali e, per questa via, ricostruire una credibilità perduta. Solo un percorso di questo tipo, un "nuovo inizio", potrà dare, quando se ne daranno le condizioni, anche un risultato elettorale. E' quanto discuteremo nel convegno-assemblea nazionale che si svolgerà a Roma il prossimo 17 aprile.
Oggi più che mai non esistono scorciatoie.
Esecutivo nazionale Sinistra Critica
Per un'analisi del voto vedi: