venerdì 12 marzo 2010

Per difendere la democrazia bisogna difendere i diritti di lavoratrici e lavoratori


Non basta manifestare contro Berlusconi: serve una mobilitazione di massa permanente contro la crisi e il razzismo

Sabato 13 marzo le manifestazioni "per difendere la democrazia" volute dalle forze del centrosinistra rischiano di fermarsi ad uno spot elettorale in cui i leader di questa invisibile "opposizione" faranno a gara a chi si presenta come il più anti-berlusconiano. Ma non rappresentano un'alternativa - ne politica ne elettorale - e sono parte delle cause che hanno portato Berlusconi a governare.

L'autoristarismo, l'arroganza e l'insofferenza verso ogni regola sono rappresentate simbolicamente dal decreto "ad listam", segno di una politica intenta a salvare sé stessa e che non ha nulla da offrire a milioni di lavoratori e lavoratrici.
Una politica resa però possibile al sig. Berlusconi da anni di sostanziale tradimento della stessa Costituzione italiana, di cui possiamo fare qualche esempio: la svolta maggioritaria e di accentramento di potere negli esecutivi (a livello nazionale e locale); le continue violazioni dell’articolo 11 che ci hanno portato alle guerre mascherate da “missioni di pace”; lo smantellamento dei diritti di lavoratrici e lavoratori; il razzismo istituzionale e le discriminazioni sociali e civili e così via. Il centrodestra raccoglie i frutti di queste politiche “bipartisan” e li accompagna con un surplus di provvedimenti favorevoli al mantenimento sulla scena di un presidente del consiglio pluri-indagato.

In questi giorni sono sotto gli occhi di tutti i provvedimenti “ad personam”, ma ancora più gravi sono le politiche razziste (confermate dalla ignobile sentenza della Cassazione sull’ammissione dell’espulsione dei genitori di minori iscritti a scuola); le scelte contro i diritti di lavoratrici e lavoratori (eliminazione di fatto dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori; rifiuto di proroga alla Cassa integrazione ecc…); l’aumento delle spese militari e del contingente Nato in Afghanistan – che si accompagna ad una crescente militarizzazione nelle stesse città italiane.
Evidentemente non si può chiamare opposizione quella di un PD non interessato e incapace a elaborare una visione alternativa che non sia l'astratto rispetto delle regole, perché condivide e pratica dove è al governo regionale le stesse politiche di fondo sul piano economico e sociale. E non saranno scioperi “congressuali” come quello voluto da Epifani e da una Cgil - che non vuole provare a unificare le lotte delle centinaia di fabbriche dove gli operai stanno cercando di difendere il proprio posto di lavoro e la propria dignità – a dare una svolta.
Purtroppo quella che si chiamava “sinistra radicale” ha scelto la subordinazione a questo centrosinistra e di percorrere la stessa strada che ha portato la sinistra alternativa ad uscire dal parlamento: quella del meno peggio ad ogni costo.

Non bastano oggi manifestazioni “contro Berlusconi” che non siano strumento per rilanciare una mobilitazione unitaria, capillare e di massa contro la crisi e il razzismo, capace di difendere la democrazia e di mettere in mora questo governo e le sue politiche. E di far pagare ai padroni i costi della crisi. Perché le nostre vite valgono più dei loro profitti.
Occorre liberarsi di Berlusconi e soprattutto delle sue politiche, costruire un'alternativa alla crisi del capitalismo e rivendicare un piano di urgenza sociale che metta al primo posto la difesa del lavoro, la riduzione d'orario, l'introduzione di un salario minimo e di un salario sociale, la pubblicizzazione delle aziende a rischio chiusura, un piano di sviluppo ecologicamente sostenibile, la difesa e il rilancio dei diritti civili, i diritti delle donne.
Questa è la priorità oggi della sinistra di classe e questa la priorità per una mobilitazione che davvero sia incisiva contro Berlusconi e il berlusconismo.

A far ripartire questa dinamica non sarà una scelta elettorale per il centrosinistra (allargato magari all’Udc o ai liberisti radicali, con la Federazione della sinistra a reggerne la coda praticamente ovunque – tranne nelle regioni dove è stato il Pd a rifiutare l’accordo da loro richiesto!) – scelta che questa volta rifiutiamo decisamente - ma l’urgente ricostruzione di unità e radicalità dei movimenti sociali, a partire dalle scadenze in difesa della pubblicizzazione dell’acqua e dei beni comuni, contro il razzismo e nella quotidiana riorganizzazione politica e sindacale della classe lavoratrice.

Per questo sabato 13 marzo Sinistra Critica non è tra i promotori delle manifestazioni elettorali del centrosinistra, a cui sarà presente con propri volantini per discutere con le donne e gli uomini che vogliono provare davvero a ricostruire l'alternativa anticapitalista.

Piero Maestri - portavoce Sinistra Critica