Abbiamo
letto con interesse gli interventi di Marco Revelli e Paolo Ferrero pubblicati
nei giorni scorsi da «il manifesto». Interesse per le analisi che fanno del
governo Monti e per la proposta di ricerca della costruzione di un'alternativa
politica a sinistra.
Condividiamo
il giudizio sul governo Monti - e le sue politiche - come «costituente». a
nostro avviso questo governo rappresenta un punto di non ritorno e un'ipoteca
pesantissima per il futuro principalmente per due motivi: da una parte per il
contenuto delle politiche liberiste del governo Monti-Napolitano, che hanno
segnato l'ennesimo episodio di quella «lotta di classe dall'alto» di cui parla
Luciano Gallino, colpendo con forza i diritti e i poteri di lavoratrici e
lavoratori (siano essi pubblici o privati, precari o in via di
precarizzazione), pensionate/i, disoccupate/i e giovani generazioni; dall'altra
parte per il fatto che queste politiche sono state approvate con la complicità
esplicita e plaudente del PD e quella implicita delle confederazioni sindacali
- Cgil compresa (a parte il tentativo Fiom di resistere a questa deriva).
La
preoccupazione maggiore che abbiamo oggi di fronte non è quindi solamente la
possibilità di un ennesimo governo neoliberista - a guida del centrodestra o
del centrosinistra - quanto l'incapacità di ricostruire un'opposizione politica
e sociale a queste politiche.
I mesi
scorsi sono stati caratterizzati si dalle politiche di Monti-Bersani-Alfano, ma
anche dalla difficoltà di esprimere con forza ed efficacia - sul piano delle
lotte sociali e su quello politico - un'opposizione tenace e organizzata alle
politiche stesse.
Ci siamo
fermati alla «sconfitta» del 15 ottobre 2011.
Non che
siano mancati episodi importanti di lotta e resistenza sociale, dal NoTav in
Val di Susa (e in tutto il paese) alle centinaia di vertenze di lavoratrici e
lavoratori in difesa del posto di lavoro, dalle esperienze di comitati contro
il debito e per l'audit cittadino a tanti altri esempi. La caratteristiche di
queste esperienze è però quasi sempre la loro frammentarietà, la loro
«solitudine», l'incapacità di una sinistra politica tutta da costruire di ripartire
da esse per riallacciare i fili di un programma di alternativa che parte
proprio dalle lotte e dalla mobilitazione sociale.
Una proposta
di incontro e di coalizione politica, certamente condivisibile, deve allora
partire da lì, dal rilancio di una mobilitazione sociale unitaria contro le
politiche della Bce e del governo Monti e contro il pagamento del debito, per
la difesa dei diritti di lavoratrici e lavoratori, per il reddito, i diritti
civili, la riconversione ecologica della produzione e della società. Una
mobilitazione che riparta dalle strade delle città, dai legami con le
«indignazioni» europee e con le rivoluzioni arabe e rilanci un appuntamento
condiviso e unitario in autunno. In questo senso non ci sembra ipotizzabile
un'alleanza con forze populiste per quanto alternative allo schieramento messo
in campo dal Pd.
E' su
questa mobilitazione che possiamo costruire le basi e i nodi di una rete della
sinistra alternativa che vada oltre le esperienze del passato e non ne ricalchi
gli errori - magari in forma ancora meno credibile e riconoscibile. Una
sinistra che a quel punto si può anche porre obiettivi di presenza elettorale -
fuori e contro qualsiasi coalizione con il Pd - che non siano residuali o
subalterni. Anche in questo caso, però, perché sia feconda ed efficace occorre
la capacità di una proposta nuova, interessante e utile. Non finalizzata a
riprodurre apparati, non meramente autorappresentativa, plurale: abbiamo
bisogno di costruire un luogo, senza primogeniture, formato da diverse esperienze,
non ideologico, né riconducibile a simboli già esistenti ma, al contrario,
appetibile soprattutto per giovani generazioni e per i movimenti e per
lavoratrici e lavoratori dal futuro sempre più incerto.
Noi faremo
la nostra parte.
Piero
Maestri – portavoce Sinistra Critica