Martedì pomeriggio (11 maggio) a Milano è stata inferta una nuova grave ferita alla libertà e alla democrazia del nostro paese.
La Questura di Milano si è resa infatti protagonista di due provvedimenti gravi e preoccupanti.
In primo luogo ha notificato a quattro rappresentanti dei rifugiati politici del Corno d’Africa – identificati probabilmente come i leaders delle manifestazioni e delle proteste delle scorse settimane – una convocazione per presentarsi davanti alla Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo a Roma e un avviso sull’avvio per loro del procedimento di revoca dello status di rifugiato politico.
Un ricatto verso i rifugiati, minacciati in questo modo di espulsine – magari rimandandoli nei loro paesi o in qualche campo profughi ai confini degli stessi, dove già si trovano i famigliari di qualcuno di loro.
Un avvertimento decisamente non velato: chi protesta e rivendica i diritti sanciti dalle norme internazionali non ha diritto alla “nostra accoglienza”
Il secondo provvedimento riguarda i rifugiati ma va oltre: il Questore ha infatti negato ai rappresentanti del “Comitato milanese di supporto ai rifugiati politici” un percorso di corteo che passasse per il centro di Milano. Motivo? Perché il corteo sarebbe stato partecipato da quei rifugiati che nei giorni scorsi si sono resi protagonisti di troppe manifestazioni, gli stessi “che hanno sempre tenuto comportamenti incostanti e scarsamente collaborativi con le Forze dell’Ordine e con le Istituzioni” (in realtà non è proprio facile essere collaborativi con chi ti accoglie con dormitori o manganelli…). Pensate che tali comportamenti hanno creato “turbative all’ordine pubblico e al sistema cittadino dei trasporti, per le quali sono pervenute telefonate e lettere di protesta dai cittadini, dall’Unione commercianti di Milano e dall’Assessorato regionale per il commercio”. E i commercianti “hanno addirittura prospettato di attuare contro-iniziative…”.
Ancora una volta si sperimentano sui migranti – in questo caso sui rifugiati – politiche repressive che riguarderanno tutte e tutti noi.
La Direttiva Maroni che proibirebbe di manifestare in alcune aree “sensibili” nasce dalle preghiere dei manifestanti contro il massacro di Gaza in piazza Duomo. Oggi viene anticipata l’applicazione di quella direttiva e scopriamo che tra le aree sensibili rientrano i luoghi della più importante religione milanese, il commercio.
Non è possibile accettare questi divieti; non è possibile lasciare i rifugiati soli ad affrontare le pressioni che li vogliono sottomessi e silenziosi.
In questi giorni ci saranno manifestazioni contro l’infame “pacchetto sicurezza” in votazione in Parlamento. Speriamo che la Milano democratica alzi la sua voce per protestare contro questi divieti e per evitare che la città si trasformi in quello che vorrebbero i Salvini e i Berlusconi.
Pietro Maestri – Sinistra Critica