Oggi pomeriggio (domenica 18 novembre) alle 16.00 presidio in piazza Duomo a Milano, contro l'attacco israeliano a Gaza.
Un nostro commento sulla vicenda....
Basta
con l'ipocrisia israeliana e degli alleati europei. Basta con la guerra
israeliana al popolo palestinese
«È tempo che Israele riconosca che Gaza è un nemico.
Ed agisca di conseguenza: smetta di fornire elettricità e far passare cibo.
Dichiari ufficialmente che siamo in uno stato di guerra e agisca di
conseguenza». Parole dello scrittore «pacifista» Abraham Yeoshua, lo stesso che
nel condannare la «seconda Intifada» palestinese commentava che l'errore dei
palestinesi stessi era quello di volere «la pace e la giustizia», il che è
ovviamente una colpa!
Su una cosa ha però ragione: Israele è in guerra
contro Gaza, è in guerra contro la popolazione di Gaza. E non solo o non tanto
perché da qualche giorno ha ripreso i bombardamenti mirati e indiscriminati
contro la Striscia,
ma perché dopo la farsa del «ritiro unilaterale» del 205, Israele ha mantenuto la Striscia sotto un vero e
proprio assedio. E' l'altra forma dell'occupazione che continua.
Perché deve essere Israele a «fornire elettricità e
passare cibo»? Perché Israele controlla tutti i confini con la Striscia e vuole
continuare a ordinare all'Egitto come gestire il confine di Rafah. Perché
Israele impedisce un'economia autonoma palestinese - impedendo ai pescatori di
pescare, agli agricoltori di avere sicurezza nei campi, ai commercianti di
poter vendere e acquistare dove preferiscono; ai palestinesi impedisce la
possibilità di vivere nella loro terra!
Israele è in guerra con Gaza - e i peggiori cantori
di questa guerra sono coloro che, come Yeoshua, cercano di far dimenticare che
la responsabilità della guerra è di Israele e della sua politica....
L'attacco israeliano di questi giorni («Pilastro di
difesa», solita ipocrisia dei nomi delle operazioni di guerra) è ancora una
volta un messaggio insanguinato rivolto ad Hamas, come nel 2008 con «Piombo
Fuso»: non perché l'organizzazione palestinese rappresenti un «pericolo» per la
sicurezza di Israele, ma perché non si decide a svolgere il compito che le
viene richiesto dal governo israeliano: tenere sotto controllo la popolazione e
la resistenza palestinese di Gaza, in cambio della salvezza per i propri
dirigenti.
Per questo è stato assassinato il capo militare di
Hamas (a cui è stato anche fatto pagare il rapimento di Shalit, e il successo
politico della sua liberazione), perché si vuole spaventare l'intera
organizzazione.
E intanto si procede con la consueta modalità della
guerra terroristica, per convincere la popolazione palestinese di Gaza - ma
anche quella della Cisgiordania sempre più colpita da colonie illegali
israeliani e dalla pulizia etnica di Gerusalemme - che l'unica salvezza è
l'accettazione del dominio israeliano sulla Striscia e la necessità che la
politica palestinese sia subalterna a quella israeliana. E' ciò che il
sociologo israeliano Baruch Kimmerling chiamava «politicidio».
Anche questa volta il messaggio israeliano - che
viene portato con missili, bombardamenti, massacri - è rivolto a soggetti
diversi: ad Hamas e a tutti i palestinesi, dicevamo; ai nuovi dirigenti
egiziani, che sembrano meno disponibili a subire senza protestare ogni
operazione israeliana, ma che devono in ogni caso mantenere un equilibrio tra
dichiarazioni più forti (accompagnate da limitate ma simboliche misure
diplomatiche) e la necessità di mantenere ferma l'alleanza con gli Usa e la
collaborazione con Israele nel Sinai; agli Usa di Obama, presidente che non
piace a Nethanyahu ma che non fa comunque nulla per fermare la politica
espansionistica e terroristica israeliana; ai governi europei, perché
continuino a sostenere le ragioni e la politica israeliane (come fanno senza
particolari problemi).
Vergognoso come sempre l'atteggiamento del governo
italiano, che non cambia mai anche se ora ci sono i «tecnici», quelli che sanno
bene quale contributo possa dare Israele al capitalismo europeo in crisi, e
quale ruolo possa continuare a svolgere in una regione in subbuglio - dove il
peggiore incubo per gli europei è il successo di rivoluzioni che riescano a
cacciare davvero i governanti neoliberisti alleati agli interessi europei con
filo doppio.
Per questo il ministro degli esteri italiano terzi si
dice «preoccupato per il lancio di missili Qassam» (non sappiamo se sia
preoccupato per le decine di morti palestinesi,ma dubitiamo fortemente). Per
questo si affida alla «mediazione egiziana», sperando che la Fratellanza musulmana
egiziana dimostri di saper tenere a bada i palestinesi così da accreditarsi
definitivamente agli occhi europei e statunitensi.
Non siamo contenti per il lancio di missili Qassam su
Israele, e piangiamo anche i morti civili israeliani. Ma continuare a mettere
sulla stesso piano questi missili con la politica sionista di occupazione,
embargo, distruzione e cancellazione dei palestinesi è una colpevole ipocrisia.
Noi non siamo equidistanti (o «equivicini» come
sosteneva D'Alema): siamo dalla parte della resistenza palestinese
all'occupazione israeliana; siamo dalla parte di chi si batte per la nascita di
uno stato democratico in Palestina che metta fine all'esperienza sionista e
renda piena cittadinanza a chi vi abita (arabi, ebrei e qualsiasi altra
nazionalità e identità sia presente) e a chi è stato espulso dall'occupazione
israeliana e ancora è profugo in tutto il mondo; siamo dalla parte dei popoli
che vogliono libertà, giustizia, dignità (per questo siamo dalla parte della
rivolta siriana, contro la dittatura di Assad - che non è certo dalla parte dei
palestinesi - e contro qualsiasi intervento militare esterno, che renderebbe
più schiavi i popoli arabi).
Per questo continuiamo a protestare e manifestare.
Per la pace E la giustizia, non essendo possibile la prima senza la seconda.
Piero Maestri