Il governo “tecnico” Monti-Napolitano continua quasi indisturbato a portare avanti il suo programma politico-economico annunciato con chiarezza fin dai primi discorsi in Parlamento e concordato con le principali forze politiche di centrodestra e centrosinistra.
Dopo aver incassato l’approvazione delle manovre di bilancio con l’ennesimo attacco alle pensioni e alle condizioni materiali di lavoratrici e lavoratori oggi si appresta a portare l’affondo sui temi delle privatizzazioni (pudicamente chiamate “liberalizzazioni”) e della distruzione dei diritti del lavoro
Obiettivo evidente di questi provvedimenti è una maggiore libertà di manovra per banche e imprese in materia di appalti e opere pubbliche, un sostegno diretto ai profitti, una riduzione delle garanzie contrattuali per tutte/i le/i lavoratrici e lavoratori (“garantiti” e precari...) sull’onda di quanto già applicato da Marchionne negli stabilimenti Fiat..
Questi provvedimenti sono ancora più odiosi se letti alla luce dei rapporti che gli stessi enti di ricerca ufficiali fanno circolare. Pensiamo a quanto scrive l’Ocse nel suo rapporto “Divided we stand”, dal quale risulta che il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede il 45,9 per cento della ricchezza netta familiare totale (era il 44,3 per cento nel 2008). E ancora si legge che “la disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi Ocse.... Nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4.877 euro) indicando un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà degli anni Ottanta”.
Una redistribuzione dei redditi che ha premiato rendite e profitti (oltre che gli stipendi di manager e quadri superiori) che è passata anche attraverso la leva fiscale: “Le aliquote marginali dell’imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate passando dal 72% nel 1981 al 43% nel 2010″. Questo significa che oltre all’evasione fiscale si è assistito in Italia a una progressiva diminuzione della pressione fiscale sui redditi finanziari e societari che ha avuto un impatto enorme, mai preso in considerazione, sull’evoluzione del debito pubblico come è avvenuto anche nel resto d’Europa (secondo Eurostat, dal 2000 al 2010 la pressione fiscale dell’Europa a 27 è passata dal 44,7 al 37,1 per cento con una riduzione del 7,6 per cento. Le imposte sui redditi delle società sono passate dal 31,9 al 23,2 con una riduzione dell’8,7 per cento...).
Ovviamente la pressione fiscale è rimasta invariata, o è aumentata, solo sui redditi da lavoro dipendente o da pensione: l’88 per cento dei contribuenti italiani è infatti composto da lavoratori dipendenti e pensionati e il gettito fiscale che producono è pari al 93 per cento delle entrate. Tutti gli altri pagano solo il 7 per cento.
Le manovre del governo non riescono ancora a suscitare una mobilitazione ampia, organizzata e che abbia al centro l’iniziativa di lavoratori e lavoratrici dipendenti o falsamente autonomi.
Le rivolte che in molte regioni si sono viste dai “forconi” in Sicilia, ai tassisti in diverse parti d’Italia, ai pescatori e così via esprimono la rabbia e l’insofferenza di categorie che vengono duramente colpite dalle manovre economiche quando alcune di esse avevano in qualche modo beneficiato del sostegno delle politiche dei governi precedenti.
Lavoratori e lavoratrici sono costretti invece a lottare per difendere il loro stesso posto di lavoro, le condizioni minime della loro sopravvivenza.
Manca un’iniziativa forte, una mobilitazione di un’opposizione politica e sociale al governo Monti-Napolitano che metta al centro il rifiuto del pagamento di un debito pubblico cresciuto per sostenere profitti e rendite (oltre che le politiche clientelari, le spese militari e le grandi opere inutili...), la difesa e l’estensione delle garanzie contrattuali per lavoratrici e lavoratori, l’aumento di salari e pensioni e la difesa di beni e risorse pubbliche.
La manifestazione della Fiom del 18 febbraio non ha esplicitamente al centro l’opposizione al governo. La Fiom pone con questa iniziativa la difesa della democrazia nei posti di lavoro e la protesta contro i piani di Marchionne in Fiat. Contenuti giusti, ma troppo limitati , che risentono di un’impostazione che privilegia la democrazia tra organizzazioni sindacali e non tra i lavoratori e non colgono la necessità di maggiore apertura e della necessaria mobilitazione generale.
La costruzione di un’’opposizione politica e sociale al governo ovviamente non può essere delegata a singole organizzazioni, movimenti o istituzioni. Servono l’impegno di tutte le forze politiche e le organizzazioni sociali, di tutte le strutture autorganizzate che sono coerentemente e senza ambiguità fuori e contro il progetto di Monti – che imponendo uno “stato di eccezione permanente” sta modificando il quadro politico e gli assetti economici, sociali e istituzionali del nostro paese per gli anni a venire – e l’individuazione di ambiti collettivi e condivisi per l’iniziativa sociale.
Sinistra Critica parteciperà alla manifestazione del 18 febbraio e invita tutte le forze coerentemente all’opposizione a partecipare e far vivere quella giornata come appuntamento importante e che apra la strada ad una allargamento dell’iniziativa di opposizione. Saremo in quella manifestazione mettendo al centro l’opposizione al governo, il nostro rifiuto del pagamento del debito pubblico e le proposte di un’alternativa possibile
Saremo anche con convinzione alla manifestazione del 25 febbraio in Val di Susa, per sostenere il movimento che più di tutti oggi rompe le compatibilità di una politica economica che vuole grandi opere (inutili) come forma di sostegno alle imprese e ai profitti e pone, dal punto di vista dei movimenti, la questione della democrazie e della partecipazione popolare. E per questo viene colpito anche sul piano delle repressione penale.
Esecutivo Nazionale Sinistra Critica