mercoledì 27 febbraio 2013

Chi vince, chi perde


bersani-berlusconidi Salvatore Cannavò da Il Fatto Quotidiano
Berlusconi è il principale sconfitto lasciando sul campo oltre 6 milioni di voti. Ma il Pd, con la perdita di 3,5 milioni di voti, ne oscura il tracollo.
Lo tsunami elettorale ha colpito innanzitutto il centrodestra, ma si è abbattuto inaspettatamente anche sul Pd. L’analisi dei dati reali, fatta dall’Istituto Cattaneo, mette da parte le percentuali e utilizza i voti assoluti per capire come si sono spostati fisicamente milioni di consensi da una parte all’altra. Con questa analisi, ad esempio, si scopre che il principale sconfitto delle elezioni è proprio Silvio Berlusconi che, sottolinea l’Istituto, ha subito “una riduzione dei consensi tra il 2008 e il 2013 pari a quasi il 50%” lasciando per strada 6.296.744 voti. Nelle regioni centrali il partito di Berlusconi perde esattamente la metà dei consensi (-50,1) mentre l’unica area dove “contiene” la sconfitta è il Nord-est in cui la riduzione dei voti è stata in media del 30% riducendosi al 34% in Veneto.

Anche la Lega ha perso la metà dei voti, il 54%, lasciando sul terreno1.631.982 elettori. Si ricorderà che sia nel 2008 che nelle Europee del 2009 si era data molta enfasi allo “sfondamento” del Carroccio nelle “regioni rosse”. È proprio qui, però, che la riduzione si fa più consistente, arrivando a un -68% come anche nel Nord-est con la perdita del 61% dei voti che si addolcisce in Lombardia, dove l’erosione è “solo” del 44%, per farsi di nuovo pesante in Piemonte (-64,3) e in Liguria (-68).
Risultati pesanti, dunque, che non giustificano la soddisfazione di Berlusconi il quale, però, può sollevarsi per la contestuale batosta subita dal Pd. Rispetto al 2008, il partito di Bersani perde 3.435.958 voti un calo del 28%. I picchi sono nelle regioni meridionali con Puglia (-44,8%), Basilicata, Calabria (-39,4) e Abruzzo (-36,5). Il Cattaneo fa osservare che la maggior perdita è “lungo la dorsale adriatica, ossia nell’area economicamente più dinamica del Centro-Sud”. Qui si può notare la prima relazione con il voto ai Cinque Stelle che sono, appunto, il primo partito nelle Marche e in Abruzzo e che anche in Puglia conquistano il 25%.
Per il movimento di Beppe Grillo non ci sono confronti. I consensi alla Camera sono 8.689.168 “distribuiti equamente in tutto il territorio” ma con una lieve maggioranza (2,4 milioni) al Sud, seguiti dai 2,1 milioni nel Nord-ovest e da 1,6 milioni nelle “regioni rosse”. DA QUESTI dati si comprende come Grillo abbia saputo drenare voti da tutti: dai delusi berlusconiani, dai leghisti, dal Pd. Il balzo lo fa quando riesce a cumulare entrambe le emorragie come succede in Liguria (32%), Marche (32), Sicilia (34). Essendo la più consistente, invece, l’emorragia berlusconiana nutre tutte le altre: 5 Stelle, astensionismo e anche il Centro. Monti, infatti ottiene poco più di 3,5 milioni di voti rispetto ai 2 milioni di cui beneficiava Casini nel 2008. Il suo è un risultato al di sotto delle aspettative sul piano politico ma comunque fa crescere in dimensioni il “centro” modificandone la natura. La crescita, infatti, è maggiore in Trentino, Lombardia e Liguria mentre non è forte al Sud.
Degne di nota sono anche gli andamenti dell’area della sinistra radicale che secondo l’Istituto Cattaneo, può accreditarsi di 400 mila voti in più (nel confronto tra Sel, Rc e Pcl nel 2013 Sinistra Arcobaleno, Pcl e Sinistra Critica nel 2008). In realtà, in Rivoluzione civile c’era anche Di Pietro. Calcolando i suoi voti del 2008 (1,5 milioni) il saldo è negativo di oltre un milione di voti. Crolla, infine, l’area della Destra più estrema (Forza Nuova, La Destra, Casa-Pound, Fiamma) che passa da 1 milione di voti nel 2008 a 400 mila. Perdita più marcata nelle regioni del Nord rispetto al Centro-sud.