venerdì 2 gennaio 2009

PROGRAMMA ELETTORALE ELEZIONI PER LA PROVINCIA DI MILANO

6/7 GIUGNO 2009

L’esperienza della Giunta Penati e della maggioranza di centrosinistra è stata fallimentare considerata dal punto di vista di cittadini/e, lavoratori/trici, studenti/esse, pensionati/e.
Questa la conclusione a cui si arriva guardando ai 5 anni trascorsi dall’elezione di Filippo Penati alla presidenza della Provincia di Milano. Elezione che aveva suscitato aspettative e interesse, perché rompeva l’occupazione delle istituzioni milanesi da parte del centrodestra e perché portava al governo locale istanze e progetti di quella che si chiamava “sinistra radicale”.
Il fallimento è proprio della “sinistra”, che non è stata in grado di determinare le scelte politico-amministrative della maggioranza e ha dovuto subire – in maniera subalterna e accondiscendente – le scelte del presidente Penati. E non basterà il lavoro fatto dai singoli assessori di fronte alla scelte negative concesse (e a volte votate) al presidente Penati.
Per quest’ultimo non si può propriamente parlare di sconfitta, perché ha saputo forzare la mano della sua maggioranza e portare a casa quello che davvero gli importava, mostrando con evidenza le sua caratteristiche: accettazione delle regole affermate dai poteri economici, investimenti in gran parte nell’asfalto (autostrade!), scarsa propensione democratica (il Presidente decide, spesso anticipando le decisioni con esternazioni stampa), subalternità al “buon senso” padano para-razzista, sicuritarismo, sviluppismo affaristico (Expo2015, progetto di nuovi inceneritori e così via.
La sinistra già radicale, poi arcobaleno, poi divisa e litigiosa ha progressivamente perso ogni capacità di contrasto alla “deriva” del centrosinistra di Penati, assecondandone fino a 15 giorni dalla fine del mandato politiche sbagliate e pericolose: dal “Fondo per la sicurezza” alla candidatura e alla gestione dello scempio “Expo 2015”; dalla moltiplicazione di opere autostradali prima contrastate (Tem, Brebemi, Pedemontana) alla scarsa difesa territoriale (con la riduzione di aree agricole nei comuni); dal Piano Rifiuti che prevede nuovi e più grandi inceneritori a fondi per il “welfare” che riproducono la logica dei buoni-famiglia, per pure finalità elettoralistiche. E alla mortificazione del consiglio, costretto a rincorrere dichiarazioni e progetti annunciati a mezzo stampa (e nemmeno discussi in maggioranza, spesso), mentre la partecipazione di cittadini e cittadine è stata ridotta a qualche incontro pubblico a metà mandato o a consulte inefficaci

Con questo centrosinistra - con l’idea stessa del centrosinistra – abbiamo rotto fin dall’inizio della nostra esperienza politica e nel Consiglio Provinciale, mentre la sinistra già radicale, a partire da Rifondazione Comunista - neppure resa edotta dal fallimento del governo Prodi - è rimasta al suo posto contribuendo ai danni politici, istituzionali e culturali prodotti da Penati e dal PD.
Per questo abbiamo scelto – coerentemente “in direzione ostinata e contraria” – di presentare una nostra lista alle elezioni provinciali. Una lista alternativa al centrodestra e al centrosinistra, non perché messi ai margini, ma perché questo è il nostro progetto e il nostro percorso.
Un percorso di rottura politica con il centrosinistra che abbiamo proposto anche ad altri soggetti della sinistra, ponendo alcune condizioni che questi soggetti non hanno voluto sottoscrivere: nessuna candidatura per assessori presenti nella Giunta Penati, dichiarazione immediata di non appoggio a Penati nel caso di ballottaggio, nostra conseguente scelta del candidato (in coerenza con quella rottura). Condizioni che non sono state accettate.

Ci presentiamo alle elezioni provinciali con un programma breve ed essenziale, ma chiaro. Intendiamoci, non crediamo che scrivere un bel programma con roboanti frasi sull’alternativa e proposte formalmente radicali serva a molto: serve invece la determinazione con cui ci si colloca su un piano realmente alternativo e di opposizione alle politiche che il centrosinistra mutua dalle esigenze dei poteri forti.
Troppo spesso invece i programmi sono un inganno o una foglia di fico con cui nascondere accordi sottobanco, compromessi e inconfessabili progetti non compatibili con quanto si afferma.
Sinistra Critica si permette di definirsi “la sinistra che fa (e ha già fatto) quello che dice” perché ha dimostrato in questi mesi la sua coerenza e il rispetto per i principi e per gli interessi sociali che vuole difendere.
Le brevi note di programma servono a fornire una sorte di “carta d’identità” della nostra lista alle provinciali.

1. UN RIFERIMENTO NEL CONSIGLIO
Non siamo mai stati “elettoralisti” né, tantomeno, convinti che la più importante forma dell’impegno politico sia quello istituzionale. Crediamo in una presenza istituzionale come luogo utile per sostenere le lotte e le iniziative dal basso per la difesa degli interessi di lavoratrici e lavoratori, di giovani precari e non, delle/dei migranti, dei pensionati e di tutte/i le/i cittadine/i che cercano di difendere la qualità dell’ambiente e della socialità del loro territorio.
Parliamo in queste elezioni di “utilità” di una sinistra coerente proprio in questo senso: utile per portare nel “palazzo” la voce e le proposte di chi ne è escluso o in qualche modo subisce le politiche discriminatorie e negative.
Una lista, così come il ruolo di consigliere o di presidente della Provincia, non è un fine, bensì un mezzo. Non corriamo per conquistare il Palazzo, ma per sperimentare forme altre di autogoverno e autogestione. Vogliamo mettere in discussione il monopolio del potere decisionale fondato sulla delega: perché partecipare non solo è democrazia, ma è anche sperimentare una migliore qualità del vivere sociale.

2. PER UNA CITTA’ E UNA POLITICA METROPOLITANE
Queste elezioni provinciali risentono anche di un dibattito sulla proposta di “abolire le provincie” e sull’idea della costituzione della Città Metropolitana.
Siamo convinti che troppo spesso siano stati creati livelli istituzionali o enti para-pubblici inutili e clientelari, necessari alla moltiplicazione di Consigli di Amministrazione dove infilare politici falliti o clienti di vario tipo.
Non per questo ci accodiamo alla demagogia di chi ritiene superflue le Provincie perché in realtà ritiene un costo e una perdita di tempo la democrazia.
Milano ha bisogno della Città Metropolitana. Per rendere questo progetto di riordino istituzionale e territoriale una operazione realmente vicina alle comunità e nel loro interesse sono necessari però alcuni passaggi importanti: l’elezione diretta del Consiglio Metropolitano con liste di candidati, così come succede per tutti gli organismi di primo grado; la scomparsa del Comune di Milano così com’è e la trasformazione delle circoscrizioni in municipi, in una “rete” di municipi, che si rapporti per funzioni con gli altri municipi dell’hinterland; la previsione di risorse e compiti precisi, distinti e non sovrapposti, alla Città Metropolitana e ai nuovi Municipi.

3. IL LAVORO – LE LAVORATRICI E I LAVORATORI
Da che parte stiamo è facile scoprirlo. Negli stessi giorni in cui veniva approvata la retribuzione intorno ai 400 mila Euro all’anno per Lucio Stanca come amministratore delegato della società di gestione dell’Expo2015 (che sommerà ai suoi compensi da parlamentare), Sinistra Critica consegnava al Senato 70.000 firme di sottoscrittori per una proposta di legge di iniziativa popolare che istituisca un salario minimo intercategoriale di 1300 Euro (oltre che un salario sociale di 1000 euro, la restituzione del fiscal drag e la previsione di una nuova scala mobile).
In questo momento di crisi – ancora di più – con questi progetti concreti, difendiamo gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti, delle/dei precari/e, delle/dei disoccupate/i.

Le province hanno importanti competenze in materia di mercato del lavoro e hanno subito in questi anni le politiche di progressivo affidamento ai privati di prerogative che devono tornare ai servizi pubblici (il “collocamento”). Vogliamo affermare la necessità di una riforma dei servizi al lavoro che torni a mettere al centro il servizio pubblico, sia per quanto riguarda il suo ruolo di sostegno ai disoccupati e ai giovani precari - partendo dalla generalizzata stabilizzazione dei contratti pubblici, nell’ente e nelle agenzie e aziende controllate e/o partecipate.
Sostegno al reddito di disoccupati e precari che può avvenire anche attraverso convenzioni tra Provincia e Banche per garantire loro l’accesso al credito e la costituzione di un Fondo Pubblico di Garanzia verso le banche affinché qualsiasi lavoratore colpito dalla crisi non rischi di perdere anche la casa; e ovviamente attraverso una riduzione delle tariffe di servizi pubblici o convenzioni per iniziative culturali (nulla a che fare con le “Carte giovani” o simili, generiche e senza attenzione ai diritti e alla realtà concreta di chi è senza reddito o lo percepisce in forma saltuaria).
Allo stesso modo la Provincia può stanziare risorse per favorire l’assunzione di cassintegrati e lavoratori in mobilità - invece che, come demagogicamente proposto dal presidente Penati, per inserirli nelle Questure – per attuare progetti di recupero sociale e ambientale del territorio e di promozione e controllo della sicurezza sui posti di lavoro.
Siamo dentro una crisi che trasformerà nel futuro le nostre vite. Crediamo che anche la Provincia si debba attivare per cercare risposte – anche parziali – alla sofferenze che i ceti sociali più deboli a cui si vogliono far pagare i costi della crisi al posto di quelli che l’hanno provocata (come ad esempio il sistema bancario ed i poteri forti).
Una particolare attenzione va riservata, tra le categorie deboli, a quei soggetti particolarmente vulnerabili costituiti dalle persone diversamente abili, tali dalla nascita o per inabilità acquisite in sede civile o professionale. Il diritto al lavoro di questi soggetti, garantito a parole da norme adeguate, viene sistematicamente negato, nella pratica quotidiana, da datori di lavoro insensibili e irrispettosi delle quote di occupazione obbligatoria riservate agli invalidi. Su questo terreno la Provincia deve esercitare opera di promozione e di necessario controllo, finalizzati al rispetto delle regole e, con queste, dei diritti all'occupazione di lavoratrici e lavoratori svantaggiati. Tali controlli dovranno essere effettuati direttamente dall'ente, ma anche attraverso la sensibilizzazione e il coordinamento con istituzioni (Ispettorato del Lavoro, ASL, INPS, INAIL...) preposte a diverse tipologie di ispezioni.


Politica del lavoro significa in primo luogo rispetto delle scelte dei dipendenti pubblici e relazioni sindacali corrette e trasparenti – riconoscendo alle Rsu elette la centralità nelle trattative.

La politica del lavoro deve essere sempre più integrata con quella della formazione professionale, orientata specialmente a garantire le esigenze occupazionali delle eccellenze lavorative stabili, prevedendo percorsi e passaggi consolidati per chi è in cerca di lavoro.
In queste direzioni devono essere utilizzate le risorse che nell’ultimo anno sono state distribuite in “voucher della carità” di evidente carattere elettorale, perché non prevedevano la garanzia di un diritto, ma la distribuzione a chi arrivava per primo.

4. ECONOMIA RESPONSABILE E SOLIDALE
La Provincia di Milano spende milioni di euro per il sostegno alle imprese, per l’innovazione e lo sviluppo – e partecipa ad agenzie territoriali che dovrebbero favorire queste direzioni.
Molto spesso queste agenzie sono solamente un’occasione per una moltiplicazione di posti nei CdA e una “fabbrica di progetti” fine a sé stessi, di nessun aiuto alle imprese. Oppure sono lo strumento per “regalare” soldi alle stesse imprese, senza chiedere loro in cambio una maggiore “responsabilità sociale” (non quella che fa moltiplicare i convegni, ma una reale trasparenza e rispetto delle regole) e soprattutto un rispetto rigoroso dei diritti di lavoratrici e lavoratori.

La Provincia che vogliamo – oltre a spingere le imprese a mantenere ed allargare la loro base occupazionale, limitare fino all’azzeramento l’utilizzo di contratti precari e rispettare i diritti dei lavoratori, dei consumatori, i diritti sociali e ambientali – deve favorire e sostenere il mondo dell’economia solidale, della finanza etica, del microcredito e le mille esperienze metropolitane di riconversione ambientale e produttiva.
In particolare devono essere sostenute e incentivate le esperienze di autorganizzazione della produzione e il recupero produttivo di imprese che multinazionali e “imprenditori” più o meno padani abbandonano o cercano di decentrare dove non siano rispettati i diritti dei lavoratori.
Questo significa anche che la Provincia – oltre a non avvalersi, per la fornitura di beni e servizi, di imprese che utilizzano contratti precari e non rispettano i diritti di cui sopra - favorisca la costituzione di cooperative (con un tetto massimo di associati) di lavoratori/trici e/o precari/e dei servizi, espulsi/e dalle normative nazionali vigenti, a cui affidare, sotto il controllo pubblico, appalti di lavori e servizi che l’Ente Pubblico non può fornire direttamente.

Vogliamo inoltre che la Provincia si contrapponga all'orientamento in atto che vede lo sviluppo dell'area metropolitana in "grandi eventi", fondati su progetti speculativi e iniziative effimere, animate da lavoro episodico, nero e precario, e da laute consulenze per pochi amici. Vogliamo invece un modello fondato su reali progetti di sviluppo concreto, capaci di generare lavoro stabile: il prestigio delle università, i grandi centri di ricerca, le produzioni di qualità, un'agricoltura moderna, l'eccellenza delle istituzioni culturali, il tessuto dell’autoproduzione, dell’autogestione sociale e culturale.

“Responsabilità sociale” e politica per l’Ente provinciale significa anche avere il coraggio di rompere collaborazioni economiche e politiche con soggetti che non rispettano i diritti umani e le norme internazionali. Uno dei primi provvedimenti che dovrà quindi prendere la nuova amministrazione sarà quello di chiudere l’accordo attualmente in vigore (per il quale vengono spesi decine di migliaia di euro ogni anno) tra la Provincia di Milano e il Matimop, ente di ricerca e di sviluppo del governo israeliano. Collaborazione sbagliata vista le continue violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi (fino ai veri e propri crimini di guerra di cui sono responsabili i dirigenti israeliani) e per l’ambiguità e scarsa trasparenza dei settori di ricerca coinvolti (anche nanotecnologie? e che implicazioni militari avranno?).


5. TRASPORTO PUBBLICO E COLLETTIVO
La Provincia in questi anni è stata in prima fila nella costruzione di finanziarie, holding, aziende di vario tipi finalizzate alla costruzione di nuove autostrade, in un territorio già fortemente inquinato e saturato dal traffico.
È necessaria una svolta radicale: una moratoria nella costruzione di autostrade, di mega- impianti di stoccaggio di containers, di stazioni di scambio intermodale, puntando invece allo sviluppo delle infrastrutture del trasporto collettivo. Non c’è bisogno di mega-progetti, ma di una razionalizzazione dell’esistente e di previsioni di percorsi preferenziali per il trasporto pubblico a partire da un effettivo potenziamento del servizio ferroviario regionale e dalla realizzazioni di moderni percorsi preferenziali e protetti per il trasporto pubblico di superficie e per la mobilità ciclabile..
Queste non possono più, infatti, affiancarsi al trasporto privato in crescita, ma devono essere alternative praticabili.
Al contrario, una rete di mezzi di superficie con linee moderne -interamente protette (cordoli, marciapiede rialzato, manto erboso dove possibile nel caso dei tram), semafori asserviti che danno il verde all’arrivo del tram, vero telecontrollo - permette di avere una velocità commerciale superiore o uguale a quella del metro nei tragitti brevi e medi con un decimo dei costi. Questo significa che, a parità di costi, si possono prevedere e rendere efficienti decine di linee (niente a che vedere con quelle che a Milano hanno chiamato “metrotranvie” che altro non sono che linee di tram parzialmente in corsia riservata, esattamente come si faceva già all'inizio del 900).
Nulla di rivoluzionario, comunque, visto che queste misure sono già operative e perfettamente funzionanti in molte altre città di tutto il mondo.

6. TERRITORIO
La maggioranza di centrosinistra non è stata in grado di approvare la revisione del Piano territoriale di coordinamento – mentre ha messo in pericolo la salvaguardia del Parco Agricolo Sud Milano.
È invece possibile e necessaria una “opzione zero” consumo del territorio attraverso la difesa rigorosa delle aree agricole, sostenendone lo sviluppo produttivo, e dei parchi.
La difesa territoriale deve essere il baricentro della politica provinciale, non le grandi opere infrastrutturali.

In questa direzione la Provincia deve rivedere e rifiutare la propria partecipazione a Expo2015, grande progetto di cementificazione e speculazione, rilanciando al suo posto un grande progetto di difesa degli spazi comuni e di recupero delle aree dismesse per l’edilizia sociale – partendo da un programma di requisizione degli alloggi sfitti per soddisfare i bisogni popolari e delle fasce più deboli del mercato degli affitti.
L’assessore Masseroli del Comune di Milano parla di 700 mila nuovi abitanti a Milano nei prossimi anni. Ma non dice che, se questo succedesse, la maggior parte di questi sarebbero migranti, insieme a giovani coppie (o single) e studenti fuori sede. A questi soggetti va data risposta; con questi soggetti si può costruire una città nuova, partecipata e abitabile.

7. RIFIUTARE GLI INCENERITORI
Ci siamo battuti con forza in questi anni contro la previsione di nuovi inceneritori, anche se in sostituzione o potenziamento di quelli esistenti. Il territorio provinciale, invece, potrebbe vedere la costruzione di nuovi inceneritori, nel nord e nel sud della provincia. Una scelta dovuta agli interessi delle società costruttrici e di gestione di questi impianti (come il CoRe di Sesto S.Giovanni, al quale non è indifferente Penati e il suo entourage), scelta ormai abbandonata nel resto d’Europa.
Obiettivo di un Piano rifiuti adeguato e rispettoso dell’ambiente e della salute di cittadine/i deve credere e praticare, non solo dichiarare, il programma dei “rifiuti zero”.
Questo significa insistere in primo luogo con politiche di riduzione della produzione dei rifiuti – attraverso una riconversione del modello produttivo e un controllo democratico su questa produzione.
Non semplicemente progetti di riduzione degli imballaggi (necessari), ma un ripensamento complessivo delle relazioni sociali ed economiche, perché è la logica capitalista e la ricerca del profitto a mettere in discussione il perseguimento della qualità sociale e ambientale.
Il secondo passaggio è quello del riciclo e della raccolta differenziata – e per questo bisogna darsi obiettivi allo stesso tempo credibili e ambiziosi. Ma Penati e Formigoni non l’hanno fatto, e nel Comune di Milano continua a essere ridicola la raccolta “sperimentale” dell’umido.
La provincia di Penati ha quindi scelto di partecipare al business degli inceneritori attraverso la sua creatura ASAM, perché fare inceneritori non serve sicuramente alle popolazioni o a risolvere la questione dei rifiuti, ma alle società che le gestiscono e agli amministratori che le ospitano.
Noi crediamo ad una politica di “rifiuti zero” che non deve allora essere parallela alla costruzione di inceneritori – contestati da importanti settori intellettuali e scientifici e da comitati popolari – ma deve invece essere alternativa e capace di rendere inutile la politica di costruzione dei forni.
Oltre alle raccolte differenziate, dovranno essere individuati e avviati specifici progetti di diffusione degli acquisti dei prodotti riciclati, coinvolgendo cittadinanza, scuole, aziende e pubblica amministrazione.


8. AGRICOLTURA E CONSUMO CRITICO
Contrariamente a quanto molti pensano, la provincia di Milano costituisce un'area di rilevante importanza per la produzione agricola e per l'allevamento. Il Parco agricolo Sud, benché in parte compromesso da inquinamento, cementificazione e alterazione dei corsi delle acque, superficiali e sotterranee, costituisce un ambiente produttivo per l'agricoltura tra i migliori del mondo ed è compito della Provincia progettarne la difesa e lo sviluppo sollecitando un’agricoltura fondata su produzioni biologiche (o per lo meno con il minor impiego di integranti chimici e difeso dalle aggressioni esterne inquinanti aria e acqua); su incentivazione della "filiera corta" (con l'eliminazione delle intermediazioni tra produttore e consumatore e lo sviluppo di contatti culturali e conoscitivi tra città e campagna); e a "Km zero" (riducendo al minimo la distanza fisica tra produzione e consumo in modo da diminuire l'incidenza dei trasporti che generano aumento di costi, consumo energetico e inquinamento).
La Provincia deve quindi sostenere la scelta per la qualità e la relazione diretta tra produttore e consumatore che si riassume nella formula della “filiera corta” – non con progetti spot e propagandistici (il pane a un Euro prodotto dalle grandi aziende sottocosto, ma di scarsa qualità…) – ma sviluppando la rete dei produttori, i mercati contadini, la produzione biologica e di qualità.
Allo stesso tempo deve incentivare la produzione biologica e la diffusione e difesa dei prodotti tipici, la creazione di aziende agrituristiche didattiche e la fidelizzazione dei consumatori
Spingere alla sensibilizzazione e al coinvolgimento delle associazioni di categoria nella scelta e nella applicazione di azioni volte all’implementazione dell’agricoltura biologica nel territorio, anche mediante incentivi e/o riconoscimenti a livello comunale.


9. SICUREZZA
Vogliamo una Provincia che non si accodi (o rilanci) alle politiche della “sicurezza” del centrodestra e che non sostenga in alcun modo la politica delle "ronde".
Nel paese i dati ufficiali diffusi dal Ministero dell’Interno dimostrano una diminuzione dei crimini sin dal secondo semestre dell’anno 2007.
Nell’anno 2008 gli omicidi volontari sono al minimo storico, i furti sono diminuiti del 39,72% rispetto all’anno precedente, le rapine del 28,8%, l’usura del 10,4%, la ricettazione del 31,6%, il riciclaggio del 5,8%, le minacce del 22,1%; diminuite anche estorsioni e danneggiamenti.
Sempre gli stessi dati ci dicono che anche i reati di violenza sessuale sono diminuiti: -8,4%. Non solo, la maggior parte degli “stupri” si consuma entro le mura domestiche: i dati relativi al 2007 ci dicono che il 69,7% è opera di partner, il 17,4% di un conoscente e solo il 6,2% è opera di estranei.
Sicurezza significa per noi presidio del territorio contro la speculazione, i reati ambientali, il lavoro nero e il mancato rispetto delle norme per la sicurezza dei lavoratori.
Sicurezza significa rivitalizzare e rendere vivibili e culturalmente vivi e partecipati i quartieri della metropoli e gli altri comuni garantendo servizi e collegamenti.
Sicurezza significa rispetto della libertà delle donne di compiere scelte autonome, indipendenti dalle autorità famigliari e maschili, contrastando la “cultura” della violenza e della sopraffazione.
Sicurezza significa garanzia dei diritti delle persone che costituiscono una priorità: la sicurezza del diritto al lavoro, alla casa, al reddito di cittadinanza che copra i periodi di non occupazione, del diritto alla salute e del diritto all’istruzione.

Sicurezza significa anche, o forse soprattutto, un’attenta opera di vigilanza e controllo nei confronti delle mafie che controllano parti importanti di settori produttivi e commerciali nella nostra provincia, e riescono a intercettare in diverso modo appalti o subappalti per lavori pubblici.
Molti magistrati hanno espresso la loro preoccupazione per il rischio che le opere in vista dell’Expo2015 rappresentino una grande opportunità per le mafie (soprattutto per la N’drangheta calabrese, particolarmente forte e capace in questo settore).
Non basta allora la trasparenza e il rispetto delle regole degli appalti, serve invece una mobilitazione della società civile accanto all’opera di prevenzione e controllo della Polizia provinciale, che non deve essere impiegata in altri compiti securitari.
E sicurezza significa rigido controllo di qualsiasi opera legata all’Expo2015 contro il lavoro nero e per la garanzia di applicazione delle norme per la sicurezza e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti.

10. MIGRANTI
La presenza di cittadine/i migranti nella nostra area metropolitana è una realtà con cui dobbiamo fare i conti, ed una risorsa importante per allargare l’orizzonte di tutte le politiche – dalla scuola alla cultura, dall’abitare al lavoro.
La Provincia che vogliamo non cerca nei Rom il capro espiatorio della crisi sociale o l’utile oggetto per una propaganda elettorale demagogica, ma è un ente che sviluppa progetti di solidarietà e partecipazione (vera!) delle e dei migranti, e politiche sociali generali per tutte e tutti. Non basta quindi la creazione di una Consulta degli stranieri (che comunque non è stata mai avviata), ma servono momenti di partecipazione e di possibilità di decisione delle e dei migranti.
Non servono per questo politiche particolari – a parte, appunto, quelle che favoriscono la partecipazione politica e culturali di migranti e nuove/i cittadine/i – ma la capacità di progettare tenendo conto di tutti i soggetti che abitano la nostra metropoli, in collaborazione con i comuni del territorio provinciale. In questo modo si evita di contrapporre i diritti e i bisogni di chi è già residente e di chi viene a vivere insieme a loro.
La Provincia dovrà dare seguito all’Ordine del giorno approvato dal Consiglio Provinciale nel gennaio 2006 che impegnava la Giunta a progettare e realizzare una “Casa del rifugiato”, per dare una risposta di accoglienza non temporanea e garantire i diritti di chi cerca in Italia un asilo per sfuggire da situazioni di guerra o da tragedie politiche.

11. CULTURA E SOCIALITA’
La creatività e l’innovazione artistica e culturale sono risorse del territorio, anche in termini di occupazione, e devono essere considerate con lo stesso peso con cui si trattano temi come “ricerca e sviluppo” quando si parla di aziende.
“Giovani e vecchi creativi di tutti i campi” vanno sostenuti e messi in condizione di lavorare, proprio come un’azienda si cura dei sui ricercatori. Dobbiamo decidere se vogliamo nella nostra provincia essere unicamente consumatori di prodotti fatti da altri e se siamo capaci (e le condizioni ci sono tutte) di produrre ed esportare.
Ma non ci sono solo i professionisti della cultura. La pratica di un’attività culturale “amatoriale”, proprio come una qualsiasi attività sportiva di base, arricchisce e contribuisce notevolmente ad aumentare la qualità della vita.
Riteniamo sbagliato e pericoloso ridurre tutto ad una questione di grandi eventi in cui buttare le poche risorse, riducendo il budget dedicato al sostegno del tessuto locale: in questo modo si desertifica, coscientemente o incoscientemente.
In particolare vanno sostenute e valorizzate le esperienze dei Centri Sociali Autogestiti, non per “regolarne” in qualche modo l’attività, ma per permetterne la stabilità e quindi la costruzione di progetti rivolti al territorio.

La Provincia deve mantenere e sviluppare i progetti di luoghi di aggregazione e di produzione culturale e politica di base come Centri giovani, Casa delle donne, Casa della Pace, Casa delle Culture.
In questi luoghi deve crescere il ruolo partecipativo e decisionale della società civile, accanto a quelle dell’ente pubblico.

12. PARI OPPORTUNITA’
Il ruolo della Consigliera di parità provinciale deve essere valorizzato, sviluppandolo e facendolo conoscere, promuovendolo tra lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse: questo perché le discriminazioni di genere, dai percorsi formativi ai luoghi di lavoro, sono sempre più frequenti, alimentate dalla “crisi” e da una cultura maschilista dilagante.
Anche per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla politica, non si tratta di dare lezioni accademiche, ma di favorire le donne, le madri, lavorando sui tempi e sulle modalità della politica, affinché supportino il recupero di quote di rappresentanza di genere.